“Un umano senza confini, la mia eredità non mi definisce, la mia sessualità non mi definisce, i miei momenti di debolezza non mi definiscono. Le mie azioni mi definiscono e io le urlo tutte. Penso che il mio lavoro agisca come uno specchio, un riflesso della società incanalato attraverso esperienze personali. La mia pratica si occupa di questioni che mi riguardano personalmente come donna e come essere umano. Penso che sia importante distinguere che sono un’artista, non un politico. Ma penso che ognuno usi l’arte per comunicare in modo diverso, per esprimere cose diverse e per provare sentimenti diversi”.
E’ con queste parole che Michal Cole, artista contemporanea di origini israeliane, si presenta al pubblico. Nata ad Haifa, in Israele, nel 1974 da genitori marocchini, Michal Cole ha studiato Belle Arti a Londra, al Central Saint Martin’s College of Art e successivamente al Chelsea College of Art. La sua pratica artistica tratta di verità, potere, retorica e femminilità. Paragon 700 ospita dal 28 maggio alcune opere più recenti di Michal Cole dando spazio a un’arte che come mezzo di comunicazione affronta ingiustizia e disuguaglianza, culture e costumi, equilibrio tra i sessi e denuncia di una società arroccata su antichi pregiudizi e sistemi.
“Uso tutti i mezzi disponibili – è l’opera d’arte che definisce il mezzo, non io. Ogni opera ha la sua vocazione e il suo metodo di esecuzione che la fa funzionare. Trovo che attenersi a un solo mezzo sia quasi criminale per me, perché non lo vedo mai come “il mio lavoro”, è un’opera d’arte che doveva essere fatta. Io sono solo il tramite.”