[vc_row css=”.vc_custom_1581159801853{padding-right: 6.7% !important;}” el_class=”paragon_slide single_room”][vc_column][eltdf_image_gallery type=”slider” enable_image_shadow=”no” space_between_items=”huge” slider_loop=”no” slider_autoplay=”no” slider_padding=”no” slider_navigation=”yes” slider_pagination=”no” slider_pagination_names=”no” custom_class=”paragon_suite_gallery” images=”5205″][/vc_column][/vc_row][vc_row el_class=”paragon_suite”][vc_column][eltdf_section_title type=”standard” position=”” title_tag=”h2″ disable_break_words=”no” custom_class=”paragon_title pascale_ulrike” title=”Il Restauro”][vc_column_text el_class=”paragon_title pascale_ulrike”]La riscoperta di un Palazzo misterioso
La cronologia è ancora un po’ sfocata, ma Maria Buongiorno, la restauratrice incaricata di mettere in luce l’antica gloria dell’edificio, è certa che l’architettura del Palazzo sia pluri-secolare. Le parti più antiche sembrano risalire al 1700, ma durante il restauro, è stata scoperta anche una porta in legno con spioncini tipici dei chiostri del XVII secolo. Questo tesoro, così come i numerosi affreschi religiosi, suggeriscono che un tempo il palazzo ospitasse un convento.
Molti indizi sembrano indicare che, più tardi, i nuovi proprietari provenissero da Napoli, a cominciare dalle splendide piastrelle in maiolica originali che sono state riportate in vita nel Bar 700. Sul retro di alcune di queste piastrelle, Maria ha trovato un marchio M, il marchio di un famoso laboratorio di proprietà dei tre fratelli Massa, maestri della ceramica dei primi secoli del XVIII secolo a Napoli. Un altro indizio è il colore dell’edificio: questa tonalità chiamata Pompei Rosso prende il nome dalla famosa città perduta perchè si trovava comunemente nelle residenze e sulle famose rovine. Nel XVIII secolo, subito dopo la favolosa riscoperta di Pompei, questo rosso particolare divenne molto alla moda poichè il pigmento era il più costoso sul mercato. Rivestire un’intera facciata in rosso di Pompei era quindi un’esibizione ostentata di ricchezza e ancor più tra gli edifici bianchi di Ostuni.
La rimozione di diversi strati di vernice verde e marrone dalle pareti interne ha fatto venire alla luce bellissimi affreschi neoclassici del XVIII e XIX secolo. A quei tempi, le rappresentazioni religiose non erano più di moda, ma piuttosto sui fregi hanno fatto capolino bestie mitologiche, draghi giocosi e grifoni. Tra queste creature abbiamo trovato il drago che è diventato il nostro logo.
A cavallo del XVII secolo, la Puglia, come il resto dell’Italia, sviluppa molti spazi verdi pubblici per scopi sanitari e sociali. Il palazzo, ovviamente, doveva averne uno privato: uno straordinario giardino recintato, protetto, dietro alte mura di pietra. Simbolo di ricchezza e svago, lo spazio è arricchito da una fila di colonne in stile toscano che formano un percorso verso il bellissimo aranceto.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]